Luigi Rabatà Uno dei personaggi più celebri di Randazzo, anche se non di sangue randazzese, è Luigi Rabatà. Il suo nome forse non è noto, ma di certo i suoi resti hanno incuriosito da sempre; le sue reliquie sono esposte nella basilica di S. Maria, ma non tutti ne conoscono la storia. Purtroppo non si hanno dati sulla sua vita da beato e forse, anche per questo non è mai stata prodotta una biografia come avvenuto per altri santi o beati. Rabatà nacque a Monte S. Giuliano, l’odierna Erice, nel Trapanese precisamente nell’ anno 1443. Dubbi anche sul suo nome tanto che in alcuni testi viene chiamato Ludovico, in altri il suo cognome non viene neanche indicato. Da grande, dopo aver compiuto il tirocinio filosofico e teologico, diventò sacerdote e venne trasferito a Randazzo, dove visse per qualche tempo accanto a una colonia di ebrei. Di certo si sa che fu il Superiore della comunità dell’ ordine dei Carmelitani di Randazzo; confessore, faceva vita ritirata da eremita. Si interessò anche dell’urbanizzazione del territorio, tanto che viene ricordata la realizzazione di una strada, che dal paese portava al convento del Carmine, situato in quel tempo fuori dalle mura della città. Ciò che faceva per la città non era però gradito a tutti; per questo fu colpito con una freccia in fronte da un signorotto del paese; la ferita dopo vari mesi di sofferenze lo condusse alla morte. Non si seppe mai il nome dell’assassino perché il beato non volle rivelarlo. La morte probabilmente lo colse intorno al 1490, all’età di 47 anni. Dopo la sua morte, si raccontano eventi miracolosi, tra cui il più ricordato, anche per le diverse testimonianze, quello che ebbe protagonista il nobile Ruggero Romeo. Costui, completamente cieco, ottenne la vista di un occhio, cosa che determinò la traslazione del corpo del beato sotto l’altare maggiore della chiesa dei Carmelitani. Dimenticato per quattrocento anni, il 10 Dicembre 1841 venne proclamato beato da papa Gregorio XVI, che ne riconobbe il martirio e i miracoli. Durante il colera, nel 1911, l’arciprete Fisauli, ne invocò la protezione e a lui fu attribuita la miracolosa cessazione del morbo, per cui gli si volle rendere omaggio il 13 Agosto del 1912. Le sue reliquie furono trasferite, con solenne processione e la partecipazione del vescovo, dal Carmine a Santa Maria e, in tale occasione, venne usata l’urna in marmo che era stata disegnata e costruita nel 1890 dallo scultore Giambattista Malerba. Le reliquie si trovano esposte alla venerazione del pubblico sotto la mensa dell’altare dell’Assunta. La patria di origine volle una sua reliquia e ottenne l’osso della gamba; anche Trapani ne desiderò una e ottenne la parte inferiore del teschio. Nella chiesa di Santa Maria, il 13 Agosto si ha la commemorazione liturgica del beato con esposizione di un piccolo quadro del pittore Paolo Recupero che risale al 1915. Ricordiamo Luigi Rabatà come un grande esempio di virtù e umiltà.
Anna Bagiante